Parla Stefano Naldoni, nuovo manager del Baseball Godo: voglio una squadra più matura

Prima giocatore con tutta la passione e l’adrenalina che si prova a scendere sul diamante. Ora manager. Per Stefano Naldoni l’impegno cambia sostanza ma non intensità.

Stefano Naldoni non riesci proprio a stare lontano dal diamante di Godo?

“È colpa del baseball. Una volta che ti agguanta è praticamente impossibile sfuggirgli. Non ti nascondo che preferirei scendere in campo con un guantone e una mazza in mano ma, visto che non si può, voglio dedicarmi al massimo a questa novità. Tornare in un ambiente sotto spoglie diverse non è mai una transizione indolore, credimi. Mi sto ancora lasciando alle spalle la vecchia pelle, quella di “giocatore” che ho vestito per gran parte della mia vita, e non è facile. Però sono entusiasta del ruolo che mi hanno chiesto di ricoprire e non vedo l’ora di mettermi alla prova.”

Hai già lavorato con la maggior parte dei giocatori come hit coach, quali corde pensi di andare a toccare per iniziare il tuo lavoro?

“Cominceremo dal basso. L’obiettivo iniziale è raggiungere una forma fisica che cercheremo in ogni modo di mantenere durante tutto il corso dell’anno. E poi tanti, tanti, tanti fondamentali.”

Il roster per lo più lo conosci, ti sei fatto un’idea di cosa manchi per fare il salto di qualità ai ragazzi, visto che comunque hanno fatto intravedere delle doti importanti?

“Più che il talento grezzo, di cui si può essere o no provvisti, a me interessa portare in campo una squadra che dimostri innanzitutto valori intangibili. Unità, impegno, serietà, umiltà. E soprattutto rispetto; verso se stessi, verso il gioco e anche nei confronti di tutto ciò che ci gravita intorno. Sono sicuro che trovare e poi rinforzare queste basilari qualità si rifletterà in maniera più che positiva sul mero rendimento sportivo.”

Sarai coadiuvato da un tecnico di spessore importante come Luis Hernandez, che già conosci, cosa ti aspetti da questa collaborazione?

“Quando ho conosciuto Luis nel 2018 siamo subito andati d’accordo. Abbiamo visioni del gioco simili, oltre che stima reciproca. Sono davvero contento che sia tornato. Ha un bagaglio di esperienza e conoscenze enorme e molto da insegnare a tutti, me compreso. Ho voglia di creare uno staff tecnico solido, unito e preparato e lui, insieme altri, sarà un pezzo importante per la riuscita del progetto; in particolar modo, credo, per inculcare ai giocatori quei bei valori di cui parlavo poco fa. Sono sicuro che si integrerà bene.”

Ovviamente la filosofia principale del Godo Baseball è quello di far crescere il proprio vivaio e di valorizzarlo, ma che obiettivi ti poni con la squadra?

“In parte ho già risposto. Spero di vedere una squadra più matura di come l’ho conosciuta anni fa: più consapevole di se stessa in quanto gruppo ma anche delle proprie singole componenti. Il baseball è uno sport che si gioca prima di tutto nella mente, poi nel cuore, e solo alla fine di questo processo interiore il pensiero si riversa sul campo in forma di azione. Se riusciremo a crescere dentro noi stessi i risultati sul campo saranno solo una naturale conseguenza di questo.”

Sicuramente l’attuale situazione sanitaria non aiuta, ma quale tassello può essere colmato con giocatori da fuori?

“C’è ancora molta nebbia su quella che sarà l’impostazione del campionato, perciò ti rispondo in base all’esperienza passata. Di sicuro, se manterranno anche solo parti della vecchia formula, avremo bisogno di un partente per la gara dello straniero. Inoltre, se mi è concesso sognare in grande, mi piacerebbe disporre di un esterno con una mazza potente in modo da appesantire il line-up, che trovo piuttosto leggero. Non che sia un male in sé, ma avere un grosso calibro in più non guasterebbe affatto.”

Pensi di iniziare ad usufruire a livello pratico della franchigia con il Ravenna inserendo qualche giovane in più? A questo proposito hai già parlato con i responsabili tecnici della franchigia?

“Si è parlato di recente a proposito della franchigia in una riunione preliminare. Io mi affaccio per la prima volta sulla gestione di queste intricate meccaniche e non voglio avventurarmi in considerazioni di tipo logistico, ma penso sia una buona opportunità per dar spazio a chi se lo merita, se c’è. In generale, poi, ritengo che le collaborazioni e il lavoro in rete giovino al baseball così come anche alla società umana vista in un senso più ampio. Spero riusciremo a dare un bell’esempio di concretezza e efficacia all’intero movimento.”